ARCONATE, IL CAPOGRUPPO D'OPPOSIZIONE SCRIVE A
NAPOLITANO, MARONI STUFO DEL SUO VICE
Mantovani resta sindaco: i suoi consiglieri votano contro
la legge. Dura reazione dalla Prefettura e dalla Regione.
IL VIDEO
NEL
MIRINO
- Mario Mantovani, il vice di Roberto Maroni al Pirellone,
non molla la poltrona di sindaco di Arconate e costringe il
prefetto a un intervento d'urgenza per rimuovere
l'incompatibilità. Anche il governatore sarebbe stufo di questa
farsa che dura da 5 mesi
di Ersilio Mattioni
ARCONATE (MILANO) - 5 agosto 2013 –
Il caso Mantovani rimbalza dalla piccola Arconate fino al
Quirinale, passando per la regione Lombardia e per la prefettura di
Milano. Ieri in consiglio comunale
(cliccate qui per vedere il video della
seduta) è accaduto l’inimmaginabile: la
maggioranza che sostiene Mario Mantovani ha votato contro
l’applicazione della legge sulle incompatibilità e il sindaco, che
dal 25 febbraio 2013 non potrebbe più essere in carica, rimane così
incollato alla sua poltrona. Oggi, ad Arconate, la democrazia è
sospesa e il consiglio comunale è illegittimo, perché Mantovani ne
fa parte abusivamente. Mai nella storia ci si era trovati in una
simile situazione, a metà fra il comico e il tragico. Una situazione
paradossale, perché Mantovani da mesi non si fa più vedere né alle
sedute del consiglio né a quelle di giunta. Eppure conserva ancora
la carica di sindaco, fregandosene della legge sulle incompatibilità
e prendendo in giro sia gli arconatesi sia i lombardi.
Infatti, dopo che la maggioranza in consiglio comunale si è di fatto
rifiutata di applicare la legge, Mantovani ha avuto il coraggio di
rendere, al Corriere della Sera, questa incredibile dichiarazione:
“Io avevo già avvisato i consiglieri del mio passo indietro. Non li
ho sentiti, non è mia responsabilità”. Immediata la reazione dei
colleghi del sindaco abusivo al Pirellone. “Mantovani rispetti il
consiglio regionale – tuonano Alessandro Alfieri del Pd e Lucia
Castellano della lista Ambrosoli – e si adegui alle vigenti leggi
sull’incompatibilità. Poi l’annuncio di azioni conseguenti: “Abbiamo
atteso cinque mesi, un tempo enorme, che Mantovani comunicasse di
essersi dimesso da parlamentare e da sindaco di Arconate, affinché
il Consiglio potesse votare la convalida della sua elezione in
Regione. I consiglieri regionali sono stati evidentemente raggirati,
visto che Mantovani è ancora sindaco a tutti gli effetti. Quel che è
successo è grave e interpella sia il presidente Maroni, di cui
Mantovani è assessore, sia il presidente del consiglio regionale
Cattaneo. Mantovani non prenda in giro il Consiglio un minuto di
più: o si dimette da sindaco o si dimette dalla Regione, altrimenti
per parte nostra è pronta la mozione di censura”. Il governatore
della Lombardia, per ora, non parla. Ma ambienti a lui vicini fanno
sapere che sarebbe molto irritato col suo vice, sia per questa farsa
che dura da cinque mesi e che sta mettendo in ridicolo la giunta
lombarda, di cui Mantovani è assessore, sia perché Maroni si
sentirebbe preso per i fondelli dalle rassicurazioni di Mantovani
circa le proprie dimissioni da sindaco, promesse e mai date.
E mentre Fabio Pizzul, consigliere regionale del Pd, parla di
“immaginabile resistenza alle regole”, il capogruppo d’opposizione
ad Arconate, Giuseppe Rolfi, investe del caso il prefetto di Milano,
il ministro degli Interni Angelino Alfano e il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano. A tanto si deve arrivare per ottenere
che un sindaco e la sua maggioranza rispettino la costituzione e le
leggi? Evidentemente sì. Ieri in consiglio comunale è andata in
scena un’autentica pagliacciata. Secondo i consiglieri di
maggioranza non sarebbe giusto che sia il sindaco sia allontano dal
‘suo’ consiglio, perché è stato eletto dal popolo. Pazienza se la
legge stabilisce che non si può essere, allo stesso tempo, primo
cittadino e consigliere regionale. Pazienza se Mantovani abbia
ovviamente scelto di restare in Regione a 12.000 euro al mese,
invece che restare sindaco. Pazienza se sia il prefetto sia il
ministro Alfano siano stati chiarissimi sulla necessità di
rispettare la legge e di conseguenza rimuovere le cause di
incompatibilità. Per l’ammaestrata maggioranza che sostiene
Mantovani la legge è carta straccia. Si fatica a credere che questa
gente sieda da dodici anni in consiglio comunale e rappresenti le
istituzioni senza neppure conoscere le leggi o pensando che le leggi
devono valere per tutti tranne che per il padrone.
Il capogruppo d’opposizione Rolfi, dopo aver ripercorso quattro mesi
di magheggi e furbate per evitare di mollare la poltrona di sindaco,
ha letto una missiva indirizzata a Mantovani, in risposta a quanto
il sindaco gli aveva mandato a dire, nel precedente consiglio
comunale, attraverso il vice Ceriotti. Mantovani, commentando
l’annunciato ritiro di Rolfi dalla vita pubblica, lo aveva
schernito, prima con una lettera, poi con un manifesto mortuario e
infine con un delirante volantino distribuito in paese. La risposta
di Rolfi è stata politica, senza mai scadere nel personale: “Lei ha
scelto, fregandosene di chi ad Arconate l’ha votata, di sedersi su
una poltrona molto più redditizia (quella di consigliere regionale,
ndr)”. E ancora: “Per quanto riguarda l’accusa di avere, io,
ambizioni politiche personale, la invito a portare delle prove a
supporto delle sue parole. Ridicolo che tali accuse vengano da un
politico che vive di trucchetti, astuzie e furberie pur di mantenere
il suo potere. C’è un abisso fra il mio modo di fare politica e il
suo. E sono le storie personali a dimostrarlo, non le parole.
Quarant’anni Sandro Paterini disse: ‘Chi approfitta della politica
per guadagnare poltrone o prebende non è un politico, è un affarista
e un disonesto’. Quarant’anni dopo le cose non sono cambiate”. Da
ultimo: “Lei e la sua maggioranza siete persone incapaci di un
confronto leale, arroganti, presuntuose, pronte solo a sbarazzarsi e
imbavagliare chi la pensa in modo diverso, pagando schiere di
avvocati per mettere a tacere oppositori, liberi cittadini,
giornalisti. La gente come lei, signor sindaco, deve solo
vergognarsi. In primo luogo perché pensa di poter ingannare il
popolo per tutto il tempo. Ma così non sarà. Non importa se ora fa
uso e strauso del suo potere. Domani o dopo, o dopo ancora, Arconate
ritornerà politicamente vivo, non più al suo servizio e succube del
suo potere. Io e molti come me potremo dire di essere stati dalla
parte opposta e di aver lottato contro il potere dei politicanti
come lei”.
Una lettera da incorniciare, quella di Rolfi. Anche chi dissente
politicamente da lui gli deve riconoscere di aver difeso la
democrazia in un paese, Arconate, governato da personaggi che fanno
carta straccia delle regole, pur di dimostrare sudditanza e
obbedienza al loro capo, quel sindaco che nel 2008 fece dimettere
tutti i consiglieri di maggioranza a metà mandato per potersi
ripresentare per la terza volta, circostanza vietata dalla legge. E
che oggi scarica la colpa della sua mancata decadenza su quegli
stessi consiglieri comunali che, da dodici anni, sono al suo
servizio e ai suoi ordini.
Questa mattina, negli uffici del comune di Arconate, è arrivata una
telefonata piccata. Il prefetto, venuto a conoscenza di
quanto accaduto in consiglio comunale, vuole al più presto la
delibera per agire di conseguenza. Mantovani può prendere in giro
gli elettori, i cittadini di Arconate e quelli lombardi, i
consiglieri comunali e regionali, ma a tutto c’è un limite: non si
possono trattare le istituzioni repubblicane in questo modo.
L’ipotesi più probabile è che la prefettura nomini un commissario,
il cui unico compito sarà quello di far sloggiare un sindaco
abusivo, ripristinando la democrazia. Fino a quel momento i
consiglieri di opposizione hanno annunciato che non parteciperanno
più ai consigli comunali, ritenendo il parlamentino locale
illegittimo.
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