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Ripercorriamo due anni di indagini: il dossier dell'Antimafia, gli arresti, le telefonate

Quello che Saviano non dice

Le mafie al nord e i rapporti con Pd e Pdl. La Lega non c'entra. Stavolta lo scrittore ho preso un bel granchio

 

MAFIE AL NORD - A sinistra lo scrittore Roberto Saviano. Al centro il consigliere regionale della Lega, Angelo Ciocca. A sinistra l'ex sindaco di Trezzano sul Naviglio, Tiziano Buttarini del Pd. Secondo Saviano la mafia al Nord "interloquisce con la Lega", mentre due anni di indagini dicono il contrario: sono i politici di Pd e Pdl ad avere rapporti con le organizzazioni malavitose

di Ersilio Mattioni

MILANO (17 novembre 2010) – Su una cosa Roberto Saviano ha ragione: le nuove mafie (quelle che sparano e uccidono solo quando è strettamente necessario) sono ben insediate a Milano e in Lombardia. E non ci voleva lo scrittore per darci la notizia. Su una cosa, invece, ha torto: non è con la Lega Nord che le organizzazioni malavitose dialogano e prosperano. Il caso di Angelo Ciocca, il consigliere regionale del Carroccio fotografato in centro a Pavia con il boss della ‘ndrangheta Pino Neri, non può essere preso a paradigma per dedurre che il partito di Umberto Bossi se la intenda con le organizzazioni malavitose. Perché una persona intelligente come Saviano finge di credere a una stupidaggine di questo genere? E soprattutto, perché Saviano (che sostiene di voler parlare delle nuove mafie al Nord citando i fatti) si limita a scomodare una fotografia di un politico che non è neppure indagato? Di episodi – strane telefonate, indagini e arresti, altro che un’istantanea – ce ne sono a iosa. E investono quasi elusivamente politici di Pdl e Pd, mai della Lega. Invece Saviano va davanti a nove milioni di telespettatori e afferma che “la ‘ndrangheta, anche al nord, cerca il potere della politica, cerca di interloquire con il potere della politica. E al nord interloquisce, come dimostra l’inchiesta, con la Lega”. E’ falso, caro Saviano. I rapporti fra la malavita e la politica, per limitarci agli ultimi due anni, chiamano in causa Pd e Pdl. A cominciare da un documento della Dirazione distrettuale antimafia che in città viene reso noto il 23 febbraio del 2009 e che, sui grandi giornali, non trova spazio o ne trova pochissimo.

Quel gruppo politico-affaristico
Il 23 febbraio del 2009, nell’aula consiliare della Provincia di Milano, è in corso una riunione della commissione provinciale antimafia, alla presenza del giudice Guido Salvini. E’ proprio lui a distribuire ai consiglieri la relazione che il Procuratore della Repubblica, delegato alla Direzione distrettuale antimafia, Ferdinando Pomarici, ha inviato al Presidente della Commissione parlamentare antimafia il 27 novembre 2007. Sono passati due anni e Salvini ritiene che nulla osti a rendere pubblico il contenuto di quel dossier. Una quindicina di pagine che fanno sbiancare i consiglieri del Pd, perché chiamano pesantemente in causa Bruna Brembilla, già sindaco di Cesano Boscone e, fino al luglio 2009, assessore provinciale all’Ambiente nella giunta guidata da Filippo Penati. La Brembilla non è mai stata condannata per mafia. Ma, secondo le indagini del Ros dei Carabinieri, i suoi rapporti sono meritevoli quantomeno di essere indagati e approfonditi. Riportiamo alcuni brani della relazione Pomarici, rigorosamente fra virgolette.

La figura dominante
“L’indagine nasce dagli accertamenti espletati dal R.O.S. Carabinieri, in aggiunta a quelli già svolti dalla D.I.A. in relazione ad un esposto anonimo che segnalava inquietanti rapporti tra personaggi del Comune di Cesano Boscone e gruppi malavitosi organizzati di stampo mafioso localizzati nel comune suddetto ed in quelli limitrofi. Sono state segnalate al riguardo diverse vicende, tutte incentrate intorno ad una sorta di gruppo di affari in cui emerge la figura dominante di Brembilla Bruna, che sin dal 1980 risulta inserita a tempo pieno nell’amministrazione comunale di Cesano Boscone, subentrando nel 1991 all’allora Sindaco perché tratto in arresto, lei stessa primo cittadino per tre mandati sino al 2005 ed attualmente assessore provinciale all’ambiente. Si è altresì accertato che a Brembilla Bruna si ricollegano Caporale Renato e Mazza Elio. Dalle indagini è emersa innanzitutto la vicenda dell’approvazione, in variante parziale del piano regolatore vigente, del progetto di recupero con procedura semplificata dell’area di proprietà della Fondazione Istituto Sacra Famiglia, a seguito di delibera in data 20.01.2004 del Consiglio Comunale su proposta del Sindaco Brembilla Bruna e con l’intervento dell’architetto Merlini Michela, dirigente dell’ufficio tecnico comunale”.

Migliaia di telefonate
“Caporale Renato è risultato inoltre fondatore con Indino Salvatore, già socio con il Caporale nella GESTIM 97, della Società Cooperativa PRESENZA, fornitrice di servizi alla Casa di Cura Ambrosiana Spa, di proprietà della citata Fondazione Istituto Sacra Famiglia, nonché editore del settimanale SI o NO, con il quale collabora la citata Brembilla, che negli ultimi quattro anni è risultata in stretti e continui rapporti con Caporale Renato e con le società a lui riconducibili. Valgano in proposito le migliaia di telefonate intercorse con utenze nella disponibilità del suddetto, segno evidente di rapporti che trascendono quelli meramente istituzionali”.

Calabresi gente d’onore, soprattutto quando votano
“Le più recenti acquisizioni investigative hanno infine confermato da un lato gli stretti rapporti tra Piazza Salvatore e Zacco Vittorio e, dall’altro, l’esistenza a Buccinasco del gruppo politico-affaristico facente capo alla Brembilla ed a Caporale Renato, nelle cui conversazioni vi è un continuo riferimento ai “calabresi”, anche in relazione alle recenti elezioni amministrative. Appare a tal riguardo particolarmente eloquente l’esternazione dei propositi della Brembilla di chiedere i voti dei “calabresi” perché sono “gente d’onore” e della possibilità di condizionare l’esito del voto amministrativo sfruttando la massiccia presenza di almeno 1.500 persone di Platì, che nei tre o quattro mesi antecedenti le elezioni avrebbero chiesto la residenza anagrafica a Buccinasco”.

Il Pdl e quelle strane telefonate
Tra i nomi più citati nell’inchiesta contro la ‘ndrangheta c’è quello di Massimo Ponzoni, già assessore regionale all’Ambiente e attualmente consigliere regionale, senza più incarichi in giunta. Tra le carte spunta una conversazione ambientale del gennaio 2009, quando Saverio Moscato, arrestato nel luglio 2010, appartenente alla famiglia del boss calabrese Natale Iamonte, radicata a Desio, in Brianza, parla di Ponzoni: “A questo punto questa storia, a Ponzoni, dobbiamo dargli rilievo. Ci sono anche i soldi per Ponzoni e pago, quanto vuole, il 10 per cento, toh. Ora Ponzoni che deve venire, ora sto studiando com’è il discorso della Fiera, lì c’è un macello e dobbiamo... Devo entrare... Già sto lavorando con il catering... Io per Ponzoni l’ultima volta che è andato su, ho speso 10mila euro di matite omaggio per quando si vota. Per questo Ponzoni è con Formigoni culo e camicia. Formigoni muove centinaia di milioni di euro, vorrei partecipare all’Expo”. Cosa prova questa telefonata? Assolutamente nulla, se quello che dice Saviano: le organizzazioni malavitose cercano un contatto con la politica. Che poi lo trovino oppure no, è tutto da dimostrare. Che lo cerchino, invece, è assodato. E così dopo il Pd spunta il Pdl. Della Lega non c’è traccia. Anzi, sono proprio gli esponenti del Carroccio quelli meno teneri nei confronti dei loro alleati.

“Al Pdl servono i buttafuori per fare selezione all’ingresso”
Comincia il presidente del consiglio regionale, il leghista Davide Boni, che sul caso Ponzoni si esprime così: “Credo che ogni politico che abbia un senso etico e morale sappia quando è il momento di lasciare”. Usa il fioretto, Boni. Mentre l’europarlamentare e consigliere comunale Matteo Salvini sceglie la sciabola: “C’è sbigottimento e schifo per quello che accade. Non condanniamo nessuno prima del tempo ma nel Pdl servirebbe qualche buttafuori da discoteca che facesse selezione all’ingresso”.

Arresti bipartisan
'Ndrangheta e corruzione, altri arresti. Siamo nel febbraio 2010. E stavolta Pd e Pdl si contendono il primato. A Trezzano sul Naviglio finiscono in manette l’ex sindaco Tiziano Butturini del Pd e il consigliere del Pdl Michele Iannuzzi. Ordini di custodia cautelare anche per Gino Terenghi, geometra comunale, mentre una quarta persona, l’imprenditore Andrea Madaffari, vicepresidente della società immobiliare Kreiamo, già in carcere, ha ricevuto un nuovo ordine d’arresto. Le indagini costituiscono il seguito di quelle del novembre 2009 che portarono gli investigatori della Dia ad eseguire diciassette ordinanze di custodia e al sequestro di beni immobiliari e quote societarie a carico di affiliati al clan della 'ndrangheta Barbaro-Papalia, nonché di persone e società a esso contigue. Nel dettaglio, Butturini (esponente politico del Pd ed ex sindaco di Trezzano, nonché presidente del cda di Tasm e di Amiacque, aziende pubbliche che si occupano della tutela e della gestione delle risorse idriche dell'area milanese) e Iannuzzi (esponente del Pdl, fino al giugno 2005 assessore ai Lavori pubblici di Trezzano sul Naviglio, consigliere comunale e componente della commissione Edilizia, membro del cda di Tasm) sono accusati di ricevuto 5mila euro e la promessa di altre somme di denaro non quantificate “per affidare a due imprese di ingegneria partecipate da Kreiamo incarichi in violazione del principio di imparzialità amministrativa, una somma stabilita in percentuale sull'ammontare del conferendo incarico”.

Il caso Ciocca
E veniamo al caso che più sta a cuore a Saviano, quello del consigliere regionale leghista Angelo Ciocca. Il primo a essere preoccupato per la sua incredibile performance alle elezioni della scorsa primavera (19mila preferenze, il candidato più votato della storia del Carroccio in Lombardia) è Umberto Bossi che, alla cena per festeggiare la vittoria, gli rivolge appena una frase: “Tu sei un uomo pericoloso. Chi ti ha dato i soldi per la campagna elettorale?” Non sa, il Senatùr, che Ciocca non è nuovo a questo genere di performance. Quando nel 2006 si candida alle Provinciali di Pavia, chiude la campagna elettorale con mega festa e fuochi d’artificio. Il che, per un leghista, è inusuale. Ma il geometra 35enne, originario del piccolo borgo di San Genesio, ha un atteggiamento più Pdl che Lega, più stiloso che ruspante. Anche nel suo tenore di vita. Viaggia a bordo di un Suv, una Mercedes ml 320 che ha sostituito la vecchia, si fa per dire, Bmw Z4. E’ fatto così, Ciocca. Gli piace mostrarsi e vestire elegante. Lo chiamano il Brad Bitt della politica e lui, che per somigliare al divo, dovrebbe forse perdere qualche chilo, ci scherza su. L’uomo delle 19mila preferenze, però, rischia grosso. Da quando gli uomini della Dia lo fotografano con Pino Neri (boss della ‘ndrangheta), la sua vita cambia. C’è imbarazzo nella base leghista. Eppure Ciocca non è neppure indagato. E il candidato che la ‘ndrangheta gli avrebbe chiesto di sponsorizzare alle elezioni comunali di Pavia, Francesco Rocco Del Prete, non viene nemmeno eletto. Il consigliere regionale si difende: “Non conosco questo Pino Neri come ho spiegato più volte. Me lo presentò un’altra persona e la foto (quella agli atti dell’inchiesta, ndr) è stata scattata in una piazza del centro di Pavia, dove transitano centinaia di persone”. Può avere ragione, Ciocca. Del resto, chi sarebbe tanto fesso dall’incontrare un boss di giorno e in pieno centro?

Il granchio di Saviano
Se Ciocca fosse stato un politico del Pdl o del Pd, sarebbe stato difeso a spada tratta dal suo partito. Invece nella Lega è circondato da diffidenze e c’è chi è pronto a scommettere che la sua permanenza nel Carroccio non durerà a lungo. Se c’è una forza politica al Nord che, pur governando, non fa patti con le mafie, questa è la Lega. Avranno mille difetti, le donne e gli uomini del Carroccio. Ma tra questi non c’è la propensione ad allacciare rapporti con le organizzazioni malavitose, propensione riscontrabile invece sia nel Pd sia nel Pdl. Dire che “la ‘ndrangheta al Nord interloquisce con la Lega” è proprio una stupidaggine. Anche Saviano sbaglia, ogni tanto.
 

 

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