Da noi era
considerato un neo-nazista, razzista e xenofobo. In realtà, la
storia è un po’ diversa…
Austria, è morto
Jörg Haider:
il leader liberal-nazionale che portò un piccolo partito
identitario al governo
LA
MORTE DI UN LEADER - L'auto di
Jörg Haider
dopo l'impatto mortale. A destra il leader liberal-nazionale con
il tipico trachten austriaco, il suo capo d'abbigliamento
preferito che indossava anche nelle occasioni ufficiali
di Ersilio Mattioni
KLAGENFURT (AUSTRIA), 11 ottobre 2008
– Chi può dire qualcosa, con competenza, su Jörg Haider? Pochi,
pochissimi. Anche se in tanti, durante gli ultimi dieci anni, ne
hanno parlato per sentito dire, bollandolo come un neo-nazista, uno
xenofobo, un razzista, un populista, un estremista di destra dei
peggiori. Non era vero. Haider è stato un politico di grande
carisma, capace di rappresentare una delle regioni più interessanti
d’Europa – la Carinzia – e capace di portare un piccolo partito
identitario nel governo nazionale dell’Austria. Certo, è stato un
politico spesso aggressivo ed eccessivo, nelle parole private e nei
discorsi pubblici. Non ne vogliamo fare l’apologia. Però vogliamo
provare a rendere giustizia a un uomo, il cui pensiero e la cui
azione politica contengono tratti di grande rilevanza.
Haider nasce nel 1950 e all’età di vent’anni si iscrive ai liberali
austriaci, quel piccolo partito che ha nome Fpö e che, sotto la sua
guida, arriverà al 27 percento alle elezioni politiche nazionali del
1999, entrando per la prima e unica volta nel governo. Dieci anni
prima però, nel 1989, Haider viene eletto governatore della
Carinzia, carica che ricoprirà anche nel 2004 dopo aver ottenuto il
44 percento dei voti. Nel 2005, dopo una polemica rottura con l’ Fpö,
fonda il Bzö, una piccola formazione che nel 2008 balza agli onori
delle cronache internazionali per aver superato il 10 percento alle
elezioni politiche nazionali. Poi stamattina
all’alba, nei pressi di Klagenfurt, il capoluogo della Carinzia, il
58enne presidente della regione perde il controllo della sua
Volkswagen, urta con violenza un veicolo che proviene dalla
carreggiata opposta e infine si capovolge a più riprese. Troppe le
ferite al capo e al petto perché i soccorsi, intervenuti poco dopo
l'impatto, possano sottrarlo a una morte tanto drammatica quanto
repentina. Le cause dell'incidente sono tuttora ignote. Si dice che
Haider stesse guidando a velocità elevata e che fosse appena uscito
da un night club. Gossip o realtà? Preferiamo sorvolare.
Dai messaggi di cordoglio si capisce qualcosa in più sul personaggio
Haider. Da noi giunge l’immagine stereotipata di un razzista
xenofobo, mentre secondo il cancelliere dimissionario (il
socialdemocratico Alfred Gusenbauer) l’Austria perde un uomo
politico di primo piano e di grande intelligenza. Hans Christian
Strache, il leader della Fpö, parla della sua statura intellettuale
per essere riuscito a fare della destra austriaca un interlocutore
credibile e affidabile. Si aggiungono i messaggi di condoglianze di
tutte le altre formazioni politiche austriache, da sempre poco
tenere con Haider, ma che ora gli tributano rispetto e riconoscenza.
Per la sua piccola Bzö, l'Alleanza per il futuro dell'Austria, parla
il portavoce Stefan Pentzner: “Per noi è come la fine del mondo”.
Della sua carriera resta celebre il controverso discorso tenuto nel
1991 nel parlamentino della Carinzia, dove Haider attaccò
brutalmente socialisti e popolari, per la loro incapacità di
combattere la disoccupazione, con queste parole: “No, questo nel
Terzo Reich non sarebbe successo, perché durante il Terzo Reich si
adottò una politica del lavoro efficace, cosa che il vostro governo
a Vienna non è mai riuscito a fare. Questo andrebbe detto una volta
buona”. Ma Haider è solo questo? No. Anche se l’infelice discorso
gli peserà addosso giustamente come un macigno, Haider è stato molto
altro. Innanzitutto, un leader capace di parlare agli austriaci di
identità e radicamento. Il partito liberal-nazionale, sotto la sua
guida, diventa infatti un movimento identitario che parla al cuore
della gente, ne rappresenta i bisogni, non ne ignora le paure e non
si limita a predicare tolleranza di fronte alla crescente
insicurezza. Non è un caso che alle elezioni politiche del 1999,
dove Fpö strappa uno sbalorditivo 27 percento, si registra il crollo
dei Socialisti nelle loro roccaforti, le periferie rosse di Vienna.
Sono quartieri degradati, insicuri, dove l’immigrazione è fuori
controllo. E i lavoratori sono stanchi della sinistra e del suo
consociativismo con i popolari. Votano Haider, dunque. Votano colui
che, nelle case delle persone, ci va davvero e non manda lettere o
volantini elettorali. Così come da noi lo scorso aprile hanno votato
Lega i lavoratori di Sesto San Giovanni, la ex Stalingrado d’Italia.
Bisognerebbe aprire qui un interessante dibattito, quello sulle
similitudini fra l’Fzö di Jörg Haider e la Lega Nord di Umberto
Bossi. Ci sono, queste similitudini. E sono molte. Ci limitiamo a
dire che l’identità e i suoi valori sono il comun denominatore fra
chi ha cercato e cerca una terza via nell’era sradicante della
globalizzazione. La risposta dei signori dell’Europa è sempre la
stessa: le sanzioni contro l’Austria (quando Haider andò al governo)
e i continui attacchi alla Lega Nord, uniti alle richieste rivolte a
Silvio Berlusconi di garantire per i suoi alleati.
I miei genitori, fin da piccolo, mi hanno insegnato che quando la
gente vota liberamente, quel voto ci può piacere oppure no ma non
può essere messo in discussione. Da grande ho imparato che dipende
da come la gente vota: se il risultato non è funzionale a certe
logiche, allora lo si mette in discussione, eccome! Continuo a
pensare che fosse giusto l’insegnamento di mamma e papà. E continuo
a pensare che di Jörg Haider dovremmo buttare gli eccessi e trattenere
le intuizioni politiche intelligenti. Queste ultime sono molte.
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