IL
BUSINESS DEGLI OGGETTI SACRI, I BILANCI DELLA FONDAZIONE, IL
TURISMO RELIGIOSO E IL MISTERO DEI SOLDI SPESI NELLA CAUSA DI
CANONIZZAZIONE. CHI CRITICA LA SANTA VIENE
SCOMUNICATO E
DIFFIDATO DAGLI AVVOCATI
Beata e
santa a tempo di record, dubbi sui miracoli: inchiesta, fra luci
e ombre, su Gianna Beretta Molla
SOLDI E MIRACOLI
- A Magenta le chiese e a Mesero il santuario della famiglia
Beretta Molla. Qui va in scena ogni giorno quello che i
cittadini hanno ribattezzato come "il business santa Gianna":
banchetti con libri, bracciali, rosari, cartoline e altri
oggetti 'sacri'. Dove finiscono i proventi? Saperlo sembra
impossibile
di
Ersilio Mattioni
MAGENTA - 15 marzo 2014 –
Il vero miracolo è la velocità. Gianna Beretta Molla (4 ottobre 1922
– 28 aprile 1962) diventa prima beata e poi santa a tempo di record.
Il processo canonizzazione comincia il 6 novembre 1972, il 6 luglio
del 1991 viene resa venerabile, il 24 aprile del 1994 è beata come
“madre di famiglia” e dieci anni dopo, il 16 maggio del 2004, papa
Giovanni Paolo II la proclama santa. Più o meno lo stesso tempo di
Padre Pio.
Nel 1961, verso il termine del secondo mese della quarta gravidanza,
Gianna è colpita da un fibroma all'utero, un tumore benigno. Prima
dell'intervento operatorio di asportazione del fibroma, pur
rimanendo consapevole dei rischi e dei danni che potrebbero
insorgere durante la gravidanza, chiede al chirurgo di salvare la
vita che porta in grembo, anche a scapito della sua. Il 21 aprile
1962, presso l'Ospedale di Monza, partorisce Gianna Emanuela. Dopo
qualche ora dal parto le condizioni generali di Gianna si aggravano
e peggiorano di giorno in giorno, nonostante le cure. Muore il 28
aprile, a 39 anni, nella sua casa di Pontenuovo di Magenta. Una
scelta estrema, quella di Gianna Beretta Molla. La dottoressa
magentina con ambulatorio pediatrico nel paesino di Mesero è già
madre di tre figli (avuti da Pietro Molla, ingegnere e direttore
generale di una delle fabbriche più grandi del territorio, la Saffa),
quando decide di correre un rischio alto, pur di portare a termine
la gravidanza. Altre donne hanno fatto la stessa cosa, senza
diventare sante.
Di famiglia borghese, conduce una vita esemplare. Emerge dai
racconti di chi l’ha conosciuta, sempre pronta ad aiutare, a
dedicare il proprio tempo agli altri. Con un piccolo neo. Una donna,
ancora vivente e residente a Mesero, lo dice solo dietro la garanzia
dell’anonimato: “Gianna si rifiutò di prestarmi le sue cure, perché
non avevo soldi per pagarla”. Ma è sui miracoli della Beretta Molla
che fioccano i dubbi. Ne servono due per diventare prima beata e poi
santa. Quanto al primo, esiste soltanto qualche testimonianza di
donne che avrebbero portato a termine una gravidanza difficile
rivolgendo alla Beretta Molla le proprie preghiere. Un po’ pochino.
Il secondo miracolo, invece, avverrebbe in Brasile. Una madre di tre
figli, Elisabete Comparini Arcolino, giunge alla quarta gravidanza
nel novembre del 1999. Dopo un inizio già difficile, l’11 febbraio
del 2000, si verifica un evento drammatico: si rompono le membrane,
con la conseguente perdita totale del liquido amniotico. I medici
consigliano l’interruzione della gravidanza, per il rischio di
infezione cui erano esposti sia la madre sia la bambina, ma
Elisabete non accetta, dopo essersi consultata con il marito Carlo
Cesar e con il vescovo diocesano monsignor Diogenes Silva Matthes.
E’ proprio il monsignore a portarle una biografia della Beretta
Molla. La donna brasiliana risponde che chiamerà Gianna la
nascitura, cominciando a pregare per ottenere l’intercessione
dell’allora beata. Il 31 maggio del 2000, alla trentaduesima
settimana, viene alla luce con parto cesareo Gianna Maria. Pesa
milleottocento grammi e, in seguito, presenta un normale sviluppo
psicofisico. Ha corso un grosso rischio, la giovane madre
brasiliana. E per fortuna, come in altri casi, è andato tutto bene.
Ma si tratta davvero di un miracolo? Eppure, nonostante
l’inconsistenza dei due presunti prodigi, il processo di
canonizzazione di Gianna Beretta Molla non incontra ostacoli. Corre
spedito come un treno e giunge in fretta alla sua conclusione.
Troppo in fretta. Tanto da chiedersi come ciò sia possibile.
Ma la famiglia della santa non è una famiglia qualsiasi. E’ molto
benestante: Gianna, che nasce nel 1922, può studiare e diventare
medico negli anni ‘40, un privilegio riservato ai soli ricchi. La
famiglia Beretta Molla lo è: trascorre le vacanze a Courmayeur
(mentre la grande maggioranza delle persone, a quei tempi, non si
muove da casa), vanta personale di servizio e donne delle pulizie in
villa, può permettersi un tenore di vita fuori dal comune. Non è una
colpa, per carità. Ma è più facile, in questa condizione, fare del
bene. Ed è anche più facile, perché si ha più tempo a disposizione,
frequentare gli ambienti religiosi, conoscere le persone influenti,
stabilire i giusti contatti. E negli anni ‘40 la famiglia Beretta
Molla, nel clero, ha già messo più di un piede. Gianna ha nove
fratelli, tutti più grandi, tre dei quali sono religiosi: Alberto
(medico missionario cappuccino), Giuseppe (sacerdote ingegnere nella
diocesi di Bergamo, oggi monsignore) e Virginia (medico e suora
canossiana). Sarebbe ingeneroso affermare che Gianna Beretta Molla è
una santa ‘raccomandata’. Ma le sue condizioni di partenza e le
entrature della sua famiglia non sono di certo state un ostacolo
lungo l’impervio cammino che conduce alla santità.
Anche perché diventare santi costa. E ogni tanto c’è il sospetto che
più paghi e più alte sono le possibilità di riuscita. Il dubbio è
venuto pure a papa Francesco. Il pontefice ha deciso di indagare sui
conti delle cause di beatificazione e di canonizzazione, chiedendo
un report per il 31 agosto 2013. Alla data stabilita però sul suo
tavolo non è arrivato niente. Allora Bergoglio, che non è tipo da
arrendersi, ha aperto un’inchiesta interna. E in Vaticano qualcuno
trema, perché i conti non sempre tornano. Sotto indagine è finita la
cosiddetta ‘fabbrica dei santi’. Un esercito sotto il regno di
Giovanni Paolo II: 1338 beati in 147 riti di beatificazione e 482
santi in 51 celebrazioni. Fra loro c’è anche Gianna Beretta Molla.
Una cifra impressionante che supera quella dei beati e dei santi
proclamati dalla Chiesa dalla sua fondazione fino all’avvento di
Karol Wojtyla. L’obiettivo del papa polacco era tuttavia chiaro:
istituire un fondo per le “cause povere”, che andò via via
scomparendo, per evitare che solo i ricchi e influenti potessero
realizzare il proprio obiettivo, cioè vedere il proprio caro elevato
alla gloria degli altari. Perché il fondo delle “cause povere” non
ha funzionato? E oggi che fine ha fatto? È proprio questo il
sospetto dal pontefice che ha deciso di andare a fondo, nonostante
l’opposizione del cardinale Angelo Amato, prefetto della
congregazione per le cause dei santi.
Intanto, qualche cifra utile per inquadrare il tema. Se è vero che
ogni causa di beatificazione fa storia a sé, è altrettanto vero che
le spese vive di una canonizzazione completa si aggirano intorno ai
15.000 euro. La cifra comprende sia i diritti della Santa Sede sia i
compensi dei medici, dei teologi e dei vescovi che studiano le
cause, esprimendo alla fine un parere di fatto vincolante. A questa
somma però bisogna aggiungere molto altro, fra cui il lavoro del
postulatore e dei ricercatori, oltre alla stampa dei volumi e tutti
gli allestimenti per la cerimonia. Durante questi passaggi il costo
lievita in modo impressionante. Alla fine si spende, nella migliore
delle ipotesi, fra i 100.000 e i 150.000 euro. Anche se nel caso del
processo della beatificazione, nel 2007, di Antonio Rosmini si è
raggiunta la cifra record di 750.000. Chi può permetterselo?
Torniamo a bomba, chi è ricco oppure chi vanta entrature nel clero.
Quanto è stato speso dalla famiglia Beretta Molla per la causa di
beatificazione e per quella di santificazione della cara Gianna?
Inoltre, chi ha speso la cifra necessaria? Cosa, di preciso, è stato
fatto?
I soldi sembrano essere il tallone d’Achille dei personaggi e degli
enti che ruotano attorno a Santa Gianna. Nel settembre 2013, su
Libera Stampa l’Altomilanese,
compare il primo sulla Beretta Molla: si chiedono spiegazioni, fra
l’altro, dei conti della Fondazione Beata Gianna Beretta Molla Onlus
e dell’associazione Amici di Santa Gianna. La famiglia reagisce
stizzita. L’ex capogruppo Udc al comune di Magenta, Francesco
Bigogno, presidente della citata associazione, convoca una
conferenza stampa per mostrare il bilancio della sua ‘creatura’ e
per leggere una lunga lettera della figlia della santa, Gianna
Emanuela. Ma i dubbi non vengono fugati. Il bilancio
dell’associazione somiglia al brogliaccio della bocciofila: è un
foglio di carta con stampate le cifre, entrate e uscite. Nulla di
ufficiale. Stessa cosa può dirsi per i bilanci della Fondazione, di
cui è presidente monsignor Giuseppe Beretta, fratello di Gianna.
L’Associazione di Bigogno dichiara (anno 2012) 9.016,53 euro di
entrate e la stessa cifra in uscite. Il grosso viene dalle offerte
dei devoti che fanno visita ai luoghi della santa e poi comprano un
gadget ricordo (5.000 euro circa), dalle quote associative (210 soci
per un totale di 2.110 euro) e da non meglio specificati “contributi
vari” (2.100 euro). Contributi di chi? Non è dato sapere. Per quanto
riguarda la Fondazione, invece, ci viene comunicato quanto segue:
“26.368 euro di entrate nel 2012 e 22.313 euro di uscite. Le entrate
sono rappresentate dalle offerte (periodico ‘Gianna sorriso di Dio’,
libri, immaginette e altro materiale biografico); le uscite sono
rappresentate fondamentalmente dalla stampa e la spedizione in
11.000 copie del periodico, dalle donazioni all’orfanotrofio in
Argentina intitolato a Santa Gianna e dal sito internet”.
Fin qui le autodichiarazioni. Quello che non si capisce, però, è la
portata di quello che i cittadini chiamano il “business santa
Gianna”, cioè il mercato di santini, rosari, statuette, bracciali,
libri e cartoline, oggetti ‘sacri’ che vanno a comporre ricche
bancarelle nel santuario della famiglia Beretta Molla a Mesero e in
diverse chiese a Magenta. “Siamo a completa disposizione – fa sapere
Gianna Emanuela Molla – per chi volesse prendere visione
personalmente del bilancio”. Parole, perché se presentate, come noi
abbiamo fatto tre volte, una richiesta formale di visionare e avere
copia del documento contabile, verrete ignorati.
Di più, verrete diffidati, tramite l’avvocato
della Fondazione, dal pubblicare e diffondere articoli sulla santa.
La Fondazione Beata Gianna Beretta Molla nasce il 19 maggio del 1999
e dopo due mesi, un altro record, già ottiene il riconoscimento
ufficiale da Regione Lombardia. Fondata da Pietro Molla (marito
della santa) e da monsignor Giuseppe Beretta, fratello di Gianna,
“la Fondazione – si legge sul sito web ufficiale – non ha fine di
lucro e persegue esclusivamente lo scopo di onorare, perpetuare e
diffondere la memoria, l’esempio, la testimonianza e la spiritualità
della dottoressa Gianna Beretta Molla, che Sua Santità Giovanni
Paolo II ha proclamato beata, come ‘madre di famiglia’, il 24 aprile
1994, e santa il 16 maggio 2004”. Il 3 aprile 2000 Pietro Molla
muore, ma la presidenza della Fondazione resta in famiglia e passa a
monsignor Beretta. Anche nel consiglio d’amministrazione siedono i
parenti di Gianna: Pierluigi, Laura e Gianna Emanuela Molla, figli
della santa, suor Virginia Beretta, sorella della santa, e un
consigliere su designazione dell’arcivescovo di Milano. Nel cda
compare poi Giuseppe Pannuti, 50enne nativo di Reggio Calabria e
marito di Laura Molla. La Fondazione vanta tre sedi: quella legale
nel cuore del capoluogo lombardo, in via della Moscova; l’archivio
storico a Mesero in via Monte Rosa; gli uffici della presidenza a
San Vigilio in provincia di Bergamo, dove vive monsignor Beretta.
“Per chi desidera fare un’offerta alla Fondazione, a sostegno del
periodico ‘Gianna, sorriso di Dio’ e alle altre opere – fanno sapere
i familiari della santa – questi sono i riferimenti”. Seguono, con
assoluta precisione, banca, Iban e pure un conto corrente postale.
Ma cosa fa, di preciso, la Fondazione? Quanti soldi incassa ogni
anno? Come li spende? Chi li gestisce? Queste informazioni non sono
pubbliche. E poi ci sono le incongruenze. Sul sito web della
Fondazione si legge che lo scopo sarebbe quello di “onorare la
memoria di Santa Gianna”, mentre sulla visura camerale c’è scritto
altro: “Operare nei campi della pedagogia familiare, per il
rispetto, l’accoglienza, l’aiuto alla vita fin dal suo
concepimento”, nonché “dell’assistenza medico-sanitaria dei bambini
e degli anziani”. Unico dato disponibile, il patrimonio sociale:
104.000 euro. Dei bilanci non c’è traccia. E, come già detto, è
inutile chiederli.
Chi insiste nell’avventurarsi dentro il “business santa Gianna” e
dentro i presunti miracoli, come i giornalisti di
Libera Stampa l’Altomilanese,
si becca una
scomunica dal pulpito in grande
stile. Il 30 settembre 2013 il parroco di Mesero, don Giorgio
Fantoni, tuona: ““Diffidate dall’acquistare quel giornalaccio,
l’Altomilanese, un giornale di menzogna, diffamazione e falsità
sulla nostra amata Santa Gianna Beretta Molla. Impegniamoci tutti a
non comprarlo più, è l’unica soluzione, dobbiamo farlo finalmente
decadere e morire”. E’ un’impresa titanica, che espone al pubblico
dileggio, alle lettere anonime e persino agli insulti, mettere in
dubbio la santità di Gianna Beretta Molla. A Magenta, nell’ottobre
2011, l’amministrazione Pdl-Lega, sostenuta anche dall’Udc di
Bigogno, il presidente dell’associazione Amici di Santa Gianna,
decide di montare alcuni cartelli in onore della santa all’ingresso
della città. Stessa cosa avviene a Mesero, dove il santuario è più
segnalato del municipio. E’ il cosiddetto ‘turismo religioso’, a
tutto beneficio della famiglia Beretta Molla. Una famiglia dalla
canonizzazione facile. Per il fratello di Gianna, Alberto
(missionario cappuccino in Brasile per quarant’anni,) è iniziato nel
2012 il processo di canonizzazione. Come quella della sorella, anche
la sua è stata definita “una vita eroica ed esemplare”. Scommettiamo
che prima o poi diventa santo? Mancano i miracoli, è vero. Ma è solo
questione di tempo.
(Hanno collaborato: Erika Innocenti, Arianna
Timeto)