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RICONOSCIUTA L'AGGRAVANTE MAFIOSA PER UN SEQUESTRO DI PERSONA: PENE SEVERE ANCHE PER I 4 COMPLICI Condannato a 16 anni di carcere il boss Costantino: amico dei politici e dei capi della 'ndrangheta
PROCESSI IN CORSO - Si è chiuso il processo in Corte d'Assise per Eugenio Costantino, condannato per sequestro di persona ai fini di estorsione. L'altro procedimento è in corso all'ottava sezione penale del tribunale di Milano, dove Costantino è imputato assieme all'ex sindaco di Sedriano Alfredo Celeste (corruzione) e all'ex assessore regionale Domenico Zambetti (voto di scambio mafioso)
MILANO - 12 febbraio 2015 – Avevano sequestrato il commerciante di diamanti Mauro Galanti a San Pietro all’Olmo (frazione di Cornaredo), lo avevano portato nella villa bunker del ‘boss’ della ‘ndrangheta Sabatino Di Grillo a Cuggiono per riempirlo di botte, poi lo avevano liberato davanti al cimitero di Magenta, dopo aver ottenuto la somma di 10 mila euro (5 mila pagate subito, il resto dietro garanzia di un mediatore).
Mercoledì mattina la Corte d’Assise di Milano li ha condannati complessivamente a 58 anni di carcere, con l’aggiunta dell’aggravante mafiosa. Il ‘boss’ Eugenio Costantino, un tempo noto come ‘Belli capelli’ per la sua chioma fluente, regista del sequestro a scopo di estorsione, ha avuto la pena più alta: 16 anni (il Pubblico ministero Giuseppe D’Amico ne aveva chiesti 13). I suoi complici (Ciro Simonte e Sergio Marchetto) 13 anni e 4 mesi, la moglie di Costantino, Anna Turbinelli, 7 anni e 6 mesi per complicità nel sequestro. Stessa identica condanna per Giovanna Oliverio, ritenuta dagli inquirenti l’amante del ‘boss’. Il Tribunale ha inoltre disposto la confisca di tutti i beni di Costantino (tre immobili e alcuni conti correnti), esclusa una Lancia Y e alcuni buoni fruttiferi.
Un sequestro di persona che si svolge tutto nell’Altomilanese, cominciato e finito nella stessa giornata, con il commerciante di preziosi caricato in macchina con la forza e poi trascinato nella villa di Di Grillo, ritenuto il capo della ‘ndrangheta dell’Altomilanese, esponente della potente e spietata cosca Di Grillo-Mancuso di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia. A generare condanne così pensanti è stata l’aggravante mafiosa, chiesta dalla Procura di Milano e riconosciuta dal Tribunale. Una misura che la difesa di Costantino e dei suoi ‘sgherri’ aveva cercato di evitare in tutti i modi, sostenendo che lo stesso Costantino altro non è se non un millantatore, una persona con gravi problemi psichici che si è inventato il ruolo di ‘boss’ della ‘ndrangheta. Tesi sostenuta anche dai difensori dell'ex sindaco di Sedriano Alfredo Celeste (Forza Italia), il quale ha intrattenuto rapporti politici e d'amicizia con il boss, arrivando al punto di rivolgersi all'amico Eugenio, nel corso di una telefonata intercettata, con queste parole: "Tu sei il mio modello, io guardo a te e ho invidia". Celeste si giustificherà parlando di "battuta di spirito", ribadendo di non essere mai stato a conoscenza delle attività criminose di Costantino.
Che Costantino non sia una persona equilibrata è certo (lo hanno riconosciuto anche i medici), ma sono certi altresì i suoi rapporti con i capi della mafia calabrese, come quello con il ‘boss’ Giuseppe D’Agostino, detto ‘zio Pino’. Attraverso di lui Costantino avrebbe venduto 4 mila voti al prezzo di 200 mila euro all’ex assessore regionale Domenico Zambetti (Pdl) nel 2010. Zambetti sarebbe stato pure ricattato da Costantino, complice una fotografia che ritraeva il politico con il ‘boss’ e che fu scattata, sempre nel 2010, a Magenta nella sede dei Bersaglieri. Ed è sempre Costantino, d’accordo con il ‘boss’ Vincenzo Evolo di Corbetta, a trovare un rifugio nell’Altomilanese per l’eventuale latitanza di ‘zio Pino’, il quale nel 2011 deve scontare un residuo di pena in carcere e ipotizza di darsi alla macchia. In altre parole, le azioni di Costantino e dei suoi sodali sono tutte guidate da dinamiche di tipo mafioso. Ora anche un tribunale l’ha riconosciuto.
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